Fonti esperienziali dell’autoefficacia: come valutarla e svilupparla

Nell’analisi dell’agentività umana, sono spesso analizzati i processi cognitivi che portano alla valutazione dell’autoefficacia, secondo la teoria “sociale cognitiva”. Con questa espressione ci si riferisce alla capacità di organizzare elementi particolari per raggiungere l’obiettivo e dunque guidare le abilità sottese che riguardano gli ambiti di cognizione, sociali ed emozionali, oltre a quelle comportamentali, in modo da riuscire a compiere in maniera efficiente determinati obiettivi predeterminati prima di mettere in pratica ogni tipo di impegno in tale settore.

I motivi per cui si valuta l’autoefficacia

Con questa valutazione il dipendente, è in grado di valutare l’autoefficacia con la quale è in grado di risolvere determinate questioni applicando anche le tecniche di problem solving, tenendo in considerazione le scelte, le aspirazioni, e i livelli di sforzo che permettono di capire quanto impegno mettere e la qualità della prestazione nella sua globalità, valutata dunque ex ante. Inoltre, a seconda della tipologia di azione analizzata, si possono avere diverse convinzioni sull’efficacia. Esistono infatti livelli che riguardano le prestazioni elevate, quelle sulla gestione delle emozioni nella totalità e infine sulla scelta degli obiettivi personali. In base alle fonti sull’autoefficacia è possibile capire determinati aspetti di sé stesso, permettendo dunque un analisi completa e compiuta delle proprie ambizioni e delle aspettative generate.

Quali sono le fonti esperienziali dell’autoefficacia

Per conoscere sé stessi non è sufficiente fare un’analisi generale, anche perché spesso le convinzioni riguardo l’autoefficacia lavorativa possono essere travisate da diversi fattori, impedendo una consapevolezza veritiera dei dati e delle capacità, con il rischio di sopravvalutarsi o sottovalutarsi, a seconda dei casi. In tal senso, da un punto di vista dottrinale per l’analisi delle fonti esperienziali dell’autoefficacia, è stato fondamentale l’apporto dello psicologo Canadese Bandura, il quale ha teorizzato che il senso e l’effettiva autoefficacia nei confronti di un’azione – ovvero una performance lavorativa ma anche sostanzialmente personale – deriva da alcune convinzioni di base ben specifiche e specificabili:

  • Ia convinzione di sapere cosa occorre fare per un raggiungere un determinato risultato;
  • la convinzione di possedere le capacità per portare a termine un obiettivo e ottenere di conseguenza un risultato;
  • una forte convinzione che può anche non essere supportata dai fatti e dagli avvenimenti, che mettendo in pratica i comportamenti precedentemente citati, porterà al raggiungimento del risultato;

Partendo da questi presupposti, sempre nell’analisi di Bandura, ci sono quattro fonti esperienziali dell’autoefficacia che possono essere utilizzati per costruire fondatamente e definitivamente l’efficacia:

  1. esperienze comportamentali dirette della gestione efficace;
  2. valutazione dell’autoefficacia relativa agli ambiti vicari e di modellamento;
  3. persuasione verbale;
  4. stati affettivi e fisiologici.
Fonti di autoefficacia

Esperienze comportamentali dirette della gestione efficace

La prima fonte è quella delle esperienze comportamentali dirette della gestione efficace, sostanzialmente identificate come indicatori sulla capacità e fondamentali per la corretta esecuzione delle attività.

Approfondisci: Come migliorare la gestione del tempo

Valutazione dell’autoefficacia relativa agli ambiti vicari e di modellamento

La seconda fonte esperienziale per la valutazione dell’autoefficacia è quella relativa agli ambiti vicari e di modellamento. Queste sensazioni sono in grado di alterare le convinzioni della propria efficienza secondo uno schema di ragionamento per cui avviene la trasmissione delle competenze mettendole in relazione alle prestazioni poste in essere da altre persone. In sostanza, non è nient’altro che un modello di confronto.

Approfondisci: Misurare le convinzioni di autoefficacia

Persuasione verbale

La terza fonte è quella della persuasione verbale, la quale ha però un ambito di analisi più ampio di quello immaginato perché non si riferisce solo al parlare ma varia anche all’interno di tutto il settore dell’influenza sociale. Questo punto è molto importante perché tramite il suo utilizzo è facile rendersi conto di possedere competenze non conosciute che devono ancora essere sperimentate.

Approfondisci:

Stati affettivi e fisiologici

Infine, l’ultima fonte esperienziale dell’autoefficacia è quella relativa agli stati affettivi e fisiologici utilizzati per la valutazione autonoma di aspetti come la forza e la vulnerabilità oltre il disfunzionamento.

Perché è importante sviluppare l’autoefficacia

In sintesi, dall’analisi di queste fonti, emerge senza dubbio il fatto che ogni influenza che sia sociale o affettiva, ovvero cognitiva, opera attraverso un canale di informazione e costruisce l’efficacia. Naturalmente, bisogna tenere conto che per costruire il proprio modello di autoefficacia non si può comunque transigere da processi cognitivi personali e ogni valutazione singola deve necessariamente tenere conto del giudizio generico che le altre persone hanno, con un grosso rischio per l’autostima.

Questo perché a livello inconscio, una bassa considerazione nei nostri confronti da parte degli altri, può portare la psiche a predisporre a livello inconscio delle pratiche di difesa che tendono a chiuderci e a limitarci, con il solo scopo personale di auto difenderci da attacchi esterni.

Questi stati distorsivi, sicuramente molto pressanti e sostanzialmente pericolosi per una critica della propria autoefficacia fattuale, sono a volte legati ad una integrazione carente o limitata delle opinioni multidimensionali. Questo perché nessuna persona ha una capacità compiuta e completa di riuscire a selezionare e ponderare le sole informazioni di efficacia davvero utili, facendo spesso un mischione.

Questa valutazione personale migliora solamente sviluppando abilità di autoregolazione, che consistono con la conoscenza non solo delle proprie abilità, ma anche di quelle richieste in generale per la prestazione che si deve porre in essere.

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